Nelle sue memorie, A. M. Larina, tratteggia un ritratto dell’evoluzione di Bukharin nei mesi che precedettero il suo arresto. Dopo il suo ritorno da Parigi, nell’aprile del 1936, “niente aveva turbato il suo umore”. Solo dopo che fu fatto il suo nome al Processo dei Sedici, iniziò a percepire il terrore che cresceva nel paese come una “assurdità inaudita”.
Dopo il Plenum di Dicembre era partita una furibonda campagna di calunnie contro Bukharin e Rikov. La stampa falsificava il loro intero passato politico, a partire dai primi anni della loro appartenenza al partito; gli anni della clandestinità e dell’emigrazione. Nonostante che la Izvezstiia fosse in prima linea in questa campagna di calunnie, il giornale continuò a portare la firma del direttore, Bukharin. Fino al gennaio del 1937. Così che Trotsky e Sedov potevano scrivere che Bukharin chiedeva la testa di se stesso dalle pagine della Izvezstia .
Nel periodo che precedette il Plenum del Comitato Centrale, che avrebbe dovuto riesaminare i casi di Bukharin e Rikov, nelle camere della tortura della NKVD continuavano gli interrogatori dei loro ex sostenitori. Tra coloro che accettavano di testimoniare contro Bukharin e Rikov, vi erano Kotov, segretario del Partito Comunista di Mosca; le ex segretarie di Rikov; Nesterov e Radin, oltre alla maggioranza degli ex discepoli di Bukharin. Stalin spediva i verbali d’interrogatorio, in qualità di materiale preparatorio per il congresso a tutti i membri candidati ed effettivi del Comitato Centrale, compresi Bukharin e Rikov. Circa sessanta verbali vennero distribuiti tra i due Plenum.
Rikov fu particolarmente sconvolto dalla testimonianza della sua ex segretaria, Ekaterina Artemenko, che egli considerava alla stregua di un familiare: confessava di aver ricevuto da Rikov l’istruzione di controllare la vettura di Stalin, al fine di organizzare un attentato terroristico.
La tattica difensiva di Bukharin e Rikov in quel periodo non era identica. Negli anni cinquanta, i membri della Commissione di Controllo del Partito che riesaminavano i loro casi, nell’archivio di Stalin, trovarono molte lettere di Bukharin a Stalin, in cui respingeva le calunnie contro di lui. Neanche una lettera di Rikov fu trovata: evidentemente era consapevole della inutilità di appellarsi a Stalin.
A. M. Larina racconta che l’umore di Bukharin cambiava non solo di giorno in giorno, ma anche ora per ora. A volte valutava lucidamente gli eventi e prevedeva gli ulteriori sviluppi. Subito dopo il Plenum di dicembre, riguardo ai partecipanti, disse alla moglie: “Verrà il tempo in cui saranno considerati testimoni scomodi e saranno eliminati anche loro”. Una volta leggendo una delle testimonianze che gli erano state inviate disse: “Si sente l’odore del sangue. Vogliono arrestare chiunque sia stato vicino a me e a Aleksei!”; “ Sono sconvolto, prevedo un terrore su scala gigantesca”. Ma poi gli rinasceva la speranza di venire salvato da Stalin. In uno di questi momenti scrisse ancora una lettera a Stalin che iniziava con ”Caro Koba”. In una lettera a Stalin, scritta il 15 dicembre 1936, si lamentava con Stalin: “Il mio morale è in uno stato tale che mi sento mezzo morto…Sto morendo per colpa delle canaglie, della feccia umana , degli spregevoli bastardi”
Particolarmente difficili, per Bukharin e Rikov, si rivelarono i confronti faccia a faccia con i loro ex compagni e colleghi. In uno di questi confronti con Smidt, Rikov era talmente sconvolto che, secondo Yezhov “si è battuto il petto, si è alzato correndo verso la finestra e ha sbattuto ripetutamente la testa contro il vetro”.
Il 13 gennaio 1937, Bukharin e Rikov- presenti Stalin e altri membri del Politburo- furono messi a confronto con Astrov. Al di là delle false confessioni, Astrov ottenne la particolare approvazione di Stalin. Questo è probabilmente spiegabile in quanto fu il primo e unico dei discepoli di Bukharin a dichiararsi disposto a ripetere le testimonianze calunniose davanti a Bukharin stesso. Il primo maggio 1993, Astrov rivelò all’autore di questo libro, che durante il faccia a faccia, Stalin, riferendosi a Bukharin, gli disse “Che uomo splendido ci avete sottratto, conducendolo alla rovina,”.
Al confronto Astrov disse che nel 1932, ‘il centro’ dell’organizzazione illegale di destra decise di adottare la tattica terrorista. Confermò la testimonianza di Kulikov, secondo cui la Piattaforma Riutin era stata scritta in realtà da Bukharin, Rikov, Tomsky e Uglanov, e dichiarò che “Bukharin e Rikov continuarono ad appartenere al ‘centro di destra’, rimanendo sulle loro posizioni originarie.”
Preparando Astrov per il faccia a faccia, gli investigatori si mostrarono ostinatamente interessati a ottenere una testimonianza da lui circa una conferenza clandestina dei ‘destri’ che ebbe luogo in agosto o in settembre del 1932. Tale conferenza si tenne realmente in quell’epoca, ma Astrov poteva raccontarne ben poco, dato che partecipò a una sola riunione di ex sostenitori di Bukharin. La riunione si tenne nel suo appartamento, e dopo che alcuni suoi compagni affermarono che Stalin si sarebbe potuto rimuovere solo con la forza, Astrov dichiarò di non aver intenzione di partecipare ad alcuna lotta contro Stalin. Preso atto che questa era la sua posizione, l’opposizione dei ‘giovani di destra’ decise di non invitare più Astrov a simili conferenze, che continuarono tenere in altri luoghi. Astrov stesso ha riferito all’autore di questo libro, che nel 1933, gli investigatori gli chiesero della conferenze che si tennero a Pokriovsko-Streshnevo e in altri luoghi intorno a Mosca. Ma Astrov non ne sapeva niente. A giudicare dal materiale d’indagine sulla ‘scuola di Bukharin’, e dalle dichiarazioni che Bukharin fece quando si trovava ancora in libertà, neanche Bukharin sapeva niente delle conferenze: da anni rifiutava di incontrare i suoi ex discepoli.
Il destino successivo di Astrov è degno di nota: divenne un agente della GPU nel 1933, e fu l’unico della “scuola di Bukharin”, non solo a evitare la pena di morte, ma anche, su istruzione diretta di Stalin, a essere rimesso in libertà nel 1937. Il suo fascicolo contiene la seguente risoluzione di Yezhov: “ Liberarlo. Può vivere a Mosca. Gli sia dato un appartamento e un lavoro nel campo degli studi storici.”
Nel 1949, come molti altri ex oppositori, Astrov venne nuovamente arrestato e condannato a sette anni di carcere. Scontata la pena venne liberato nel 1956. Da quel momento iniziò una vigorosa battaglia per essere riammesso nel partito. In una dichiarazione diretta alla Commissione di Controllo del Partito, sostenne che i ‘destri’ non avevano preparato alcun colpo di stato, nessun atto di terrorismo, ma si erano limitati a critiche dettagliate della politica di Stalin.
Agli inizi degli anni sessanta, durante il riesame del caso del “centro destro-trotskista”, Astrov dichiarò che nel 1932-1933, la GPU ottenne da lui solo “l’ammissione” che la sua “colpa” di “oppositore” era degenerata in “anti-sovietismo”. Una simile ammissione gli venne chiesta anche dalla Commissione Centrale di Controllo che lo espulse dal partito. “La combinazione di questi fatti” disse Astrov “mi demoralizzò, e io firmai dei verbali in cui ammettevo il carattere contro-rivoluzionario del ‘raggruppamento della destra”, dopo aver ricevuto (dal Collegio della OGPU) una condanna a tre anni da scontare in una carcere politico. Dopo il suo secondo arresto nel 1936, le indagini “si erano intensificate per via della situazione politica di estrema asprezza…In tali condizioni, il carattere terrorista dei ‘destri’ divenne una tesi inconfutabile, che mi venne confermata personalmente dal Commissario del Popolo Yezhov ( che all’epoca era anche Commissario del Comitato Centrale e, se non vado errato, Presidente della Commissione Centrale di Controllo). Questa posizione ufficiale demolì ogni mia residua motivazione morale a resistere alle richieste che mi venivano fatte dagli investigatori. Proteggere – a tutti i costi- la vita dei membri del Comitato Centrale e del governo Sovietico dagli attacchi dei terroristi, divenne per me un imperativo categorico, tale da spingermi a testimoniare sul carattere terrorista del raggruppamento di destra senza peraltro escludere la mia stessa partecipazione…Una volta che avevo detto A, doveva seguire B. Così mi portarono al faccia a faccia con Bukharin: io confermai il terrorismo dei destri, mentre egli respinse le accuse”.
Dagli anni sessanta agli ottanta, Astrov si dedicò all’attività letteraria. Tra i suoi lavori, il più interessante è il racconto “Krucha” [Steep Slope] , che descrive la battaglia contro il trotskismo negli anni venti. Rappresentando questa battaglia secondo l’interpretazione ufficiale degli anni sessanta, Astrov compare, assieme ad altri esponenti della scuola di Bukharin, sotto pseudonimo, mentre i politici più conosciuti, come Stalin, Bukharin, Kamenev, Rikov, vengono presentati con il loro vero nome. Da notare il fatto che “Krucha ” è stata la prima opera pre-perestrojka in URSS, nella quale la personalità di Bukharin è stata presentata sotto una luce abbastanza obbiettiva e con un certo grado di simpatia.
Dopo la riabilitazione di Bukharin nel 1988, Astrov pubblicò diversi articoli nei quali giustificava il suo comportamento provocatorio negli anni trenta chiamando in causa la sua “lealtà al partito”. Spiegò di essere stato liberato nel 1937 perché Stalin sapeva che - già prima del Quattordicesimo Congresso del VKP, nel Dicembre del 1925 - aveva rotto con Bukharin, perché quest’ultimo aveva espresso l’idea ”di non espellere Trotsky dal partito”. Astrov sostiene che dopo questa rottura, non si considerò più un discepolo di Bukharin, ma gli era scorrettamente attribuita la militanza nella scuola di Bukharin dalla “opposizione Zinovievista ”.
Quando Bukharin si aspettava di essere arrestato da un momento all’altro, bruciò un appunto scritto da Stalin, che Bukharin aveva trovato [racconta Larina, che Bukharin trovò l’appunto, forse dimenticato da Stalin, quando, finita la riunione, era tornato a riprendersi la penna che aveva dimenticato. NdT] casualmente, dopo una sessione del Politburo nel 1928 . Sull’appunto stava scritto “ Dobbiamo distruggere i discepoli di Bukharin” .Secondo Larina, nel 1937 Bukharin era incline a pensare che l’appunto non si riferiva alla distruzione politica, ma all'eliminazione fisica .
Ad uno dei confronti, Stalin sollevò la questione di un ‘crimine’ commesso da Bukharin nel lontano passato. L’accusa consisteva nel fatto che Bukharin, nel 1918 avrebbe inteso arrestare Lenin e fare un blocco con i Socialisti Rivoluzionari di Sinistra. Bukharin rispose che, la proposta di arrestare provvisoriamente Lenin e formare un governo composto da Socialisti Rivoluzionari di Sinistra e Comunisti di Sinistra, gli era stata fatta dai dirigenti dei da Socialisti Rivoluzionari di Sinistra; egli oppose un netto rifiuto e quindi riferì a Lenin circa l’episodio. Lenin gli fece giurare di non parlarne con nessuno. Poi Bukharin ricordò che l’episodio divenne conosciuto, solo perché, nel 1923, durante una discussione sul partito, egli stesso ruppe il giuramento : “Mentre stavo lottando -insieme a voi - contro Trotsky, usai questo episodio per dimostrare dove avrebbe potuto condurre la lotta di frazione. A quel tempo fece sensazione”.
Il processo al “Centro Trotskista Anti-Sovietivo, si rivelò una esperienza ancora più amara per Bukharin e Rikov. Gli accusati denunciarono che Bukharin, Rikov e Tomsky, entrarono in contatto con i “centri trotskisti”, mantenendo in vita le loro proprie organizzazioni. Secondo gli accusati, le tre organizzazioni illegali avevano una loro piattaforma politica, che era stata delineata dal ‘programma di Riutin’.
Nelle sue parole conclusive, Radek parlò di una “ulteriore colpa: sebbene avessi già confessato la mia colpa e smascherato la nostra organizzazione, rifiutai ostinatamente di testimoniare contro Bukharin. Io sapevo che la posizione di Bukharin, per via delle nostre colpe, era senza speranza come la mia; sostanzialmente, se non dal punto di vista giuridico. Ma io e lui eravamo amici intimi, e l’amicizia intellettuale è più forte di qualsiasi altro tipo di amicizia. Io sapevo che Bukharin era nello stesso stato di shock in qui mi trovavo io, ed ero convinto che si sarebbe deciso da solo a rendere una onesta testimonianza al regime sovietico. Pertanto non intendevo consegnarlo con le mani legate al Commissario del Popolo per gli affari Interni. Questo spiega perché, solo alla fine, quando vidi che il processo stava per iniziare, capì che non potevo presentarmi al dibattimento nascondendo l’esistenza di un’altra organizzazione terroristica.”
Dopo il processo la stampa iniziò la pubblicazione richieste di numerose provenienti da ‘assemblee di lavoratori’, che chiedevano un altro processo e punizioni severe per Bukharin e Rikov. Questi ultimi ricevettero presto informazioni sull’imminente Plenum del Comitato Centrale, che prevedeva un ‘riesame del loro caso’. N. A. Rikova ricorda che, durante quei giorni, suo padre era spesso accompagnato dal pensiero del suicidio. Guardando dalla finestra del suo appartamento nella casa del governo le disse: “se precipitassi il problema sarebbe risolto”.
A differenza di Rikov, che dalla fine del 1936 aveva già lasciato il suo appartamento al Kremlino, Bukharin continuava a vivere al Kremlino. Pochi giorni prima dell’inizio del Plenum, tre Cekisti si presentarono all’appartamento di Bukharin con un ordine di sfratto. Immediatamente dopo il loro arrivo squillò il telefono: era Stalin, che, dopo mesi di silenzio, chiamava Bukharin per chiedergli come stava. Bukharin, sconvolto, rispose che erano venuti con un ordine di sfratto esecutivo. In risposta, Stalin gli disse di ‘mandarli al diavolo’. Capendo, dalle risposte di Bukharin, chi stava all’altro capo del filo, i due Cekisti si dileguarono immediatamente. Per Bukharin fu un inaspettato filo di speranza.
Pochi giorni prima del Plenum Bukharin apprese dalla moglie dell’incontro fortuito avuto con Ordzhonikidze, che le aveva detto, affettuosamente: “Bisogna farsi forza”. Interpretando queste parole come una forma indiretta di sostegno, Bukharin scrisse una lettera a Ordzhonikidze, che nella NKVD era presente una forza paurosa, che egli, probabilmente non sarebbe riuscito a comprendere fino a quando non sarebbe finito nella stanza della tortura del carcere. “Sto iniziando ad aver paura” aggiunse Bukharin “che in caso di arresto potrei trovarmi nella situazione di Piatakov, Radek, Sokolnikov, Muralov e altri. Addio caro Sergo. Credimi, sono stato onesto in tutti i miei pensieri. Onesto, qualsiasi cosa possa capitarmi in futuro. La lettera non giunse mai al destinatario, in quanto Larina indugiò per qualche giorno prima di spedirla. Nel frattempo arrivò la notizia della morte di Ordzhonikidze.
Ultima modifica 5.03.2008